Charlotte Mary
"Soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L'amore non verrà mai meno."
- Prima lettera ai Corinzi, 13:7
Poco dopo Benedict, decidemmo che volevamo un altro figlio. Il cesareo di
Benedict era stato una "incisione classica", non una "incisione laterale"
(più sicura), il che significava che da quel momento in poi non avrei
potuto più partorire naturalmente, a causa dell'alto rischio di rottura
dell'utero. Avevamo sempre desiderato una famiglia numerosa, ma sapevamo che
il numero di cesarei a cui avrei potuto sottopormi era limitato. 6 mesi
dopo la nascita di Benedict ero di nuovo incinta. Con tutto l'acido folio
che prendevo, ero sicura che il bimbo sarebbe stato sano. All'appuntamento
delle 12 settimane mi offrirono un'ecografia e accettai felice, anche se ero
da sola. La ginecologa accese l'ecografo ed ecco la mia bimba, perfettamente formata - ma immobile.
La ginecologa fu molto gentile e mi disse con delicatezza che avrebbe dovuto
vedere un battito, o un movimento. Attese e attese. Io guardavo lo schermo e
pregavo dentro di me "Dai, scalcia, scalcia..." Ma lei se ne era già
andata, un paio di giorni prima.
Dopo Benedict, il lutto ci era familiare, quindi affrontammo questa nuova
perdita piuttosto bene. Chiamammo la bimba Hannah, creammo un librino con i
pochi ricordi che avevamo di lei - le emozioni che avevamo provato, gli
appuntamenti con il medico, come ci eravamo sentiti quando se ne era andata,
ecc. Fare qualcosa - anche qualcosa di piccolo - ci aiutò tantissimo.
Mi faceva sentire come se avessi ritagliato uno spazio, nella storia della
nostra famiglia, che era dedicato esclusivamente a Hannah, e questo rese
più semplice l'idea di andare avanti. Con il mio primo aborto spontaneo
(la mia seconda gravidanza) non era andata così, non avevamo dedicato un momento
speciale a quel bimbo - eravamo ancora inesperti.
Tre mesi dopo la perdita di Hannah, ci sentimmo pronti per concepire di nuovo.
Mi avevano prescritto 5 mg di acido folico per 13 mesi, e avevo iniziato ad
assumerlo 2 mesi prima della nascita di Benedict. Il giorno del primo compleanno
di Benedict, ero incinta di Elijah di 6 settimane. Dopo una gravidanza piena di
ansie e paure, ma povera di problematiche, Elijah venne al mondo nel gennaio del
2003. Era splendido! Che sollievo averlo finalmente tra le braccia! Ci sembrò
di diventare genitori per la prima volta, non ci pareva vero di poter portare a casa
il nostro bimbo e vederlo crescere. Ogni momento con Elijah è prezioso, tutto quello che fa ci riempie di meraviglia. Sapere che la vita è così effimera ci ha resi in grado di assorbire ogni minuzia, e vedere come Cecilia e Sebastian gli vogliono bene è ancora più bello.
Sapevamo che dopo Elijah avremmo aspettato un po'. I due cesarei, entrambi classici, erano avvenuti a una distanza di 18 mesi, quindi le motivazioni dell'attesa erano fisiche. Ovviamente ce ne erano anche di psicologiche. La paura dell'anencefalia, di un aborto spontaneo, oltre alla stanchezza, le iniezioni quotidiane (per curare un disturbo della coagulazione), erano tutti validi motivi per goderci Elijah e posporre l'idea di una nuova gravidanza almeno fino al suo secondo compleanno.
E invece, quando Elijah aveva appena 9 mesi scoprii di essere di nuovo incinta! Fu la nostra prima gravidanza "a sorpresa". Appena sentii che c'era questa possibilità, assunsi subito l'acido folico - il giorno stesso dell'ovulazione. Tuttavia, avrei dovuto assumere i miei 5 mg già tre mesi prima del concepimento. Anche se dall'ovulazione in poi fui molto rigorosa, la paura mi attanagliava. Sul mio gruppo di supporto online "Gravidanza dopo il lutto", scrissi, "Dio ha dei GRANDI progetti per questo bimbo... per creare QUESTO bimbo, Dio ha scavalcato il mio desiderio di non rimanere incinta, il conteggio dei giorni fertili E il mio basso livello di progesterone... Quindi deve avere davvero dei progetti GRANDI!!!"
Non ero pronta fisicamente, e ancora meno mentalmente. Non mi preoccupava l'idea di occuparmi di un altro bambino - ero preoccupata per la gravidanza. Provavo un'ansia insopportabile, non vedevo l'ora che arrivassero le 12 settimane per sottopormi all'ecografia e mettermi l'anima in pace. Di sicuro sarebbe andato tutto bene.
Ironia della sorte, il tecnico dell'ecografia ero lo stesso che aveva scoperto l'anencefalia di Benedict. Appena accese l'ecografo, capii subito che l'anencefalia si era ripresentata. Mi dissi che forse mi sbagliavo, ma la testolina era decisamente troppo piccola. Il cuore mi batteva forte mentre aspettavo. "Di che difetto del tubo neurale si trattava, l'ultima volta?" Chiese. Quando rispondemmo che era anencefalia, rispose, "Mi dispiace molto, ma sembra che sia successo di nuovo. Purtroppo ad oggi una diagnosi più precoce è impossibile".
Pensai, ancora più precoce? 12 settimane è già abbastanza presto! Ma poi capii... Pensava che avrei abortito. Dissi, "Non abbiamo interrotto la gravidanza l'ultima volta, e non lo faremo nemmeno adesso".
Facemmo di tutto per non scomporci davanti al tecnico, quindi lui non sapeva bene come reagire. Ci disse, "Beh, allora per voi si tratta di un semplice cambiamento di programma, non di una perdita, visto che volete andare avanti..." Immagino che sembrasse che la notizia non ci aveva sconvolto, perché non avevamo avuto reazioni forti. Dentro di me pensavo, "Quindi i progetti erano QUESTI???".
Avevo appena accettato l'idea di essere incinta, e ora dovevamo cambiare di nuovo i nostri piani, sapendo che avremmo perso un altro bambino. Questa volta avevo detto a pochissima gente che ero incinta. E, cosa ancora peggiore, a 12 settimane non si può sapere il sesso, quindi non avevamo neanche un nome a cui aggrapparci.
L'idea di un aborto spontaneo mi angosciava ancora, perché non sentivo alcun movimento. Iniziai a sentirne solo a 20 settimane. Il medico mi disse anche che avevo la placenta bassa. Era troppo presto per diagnosticare la placenta previa, ma visto che avevo una storia pregressa oltre a 2 cicatrici da cesareo, il rischio era alto. Cercai "placenta accreta" su internet e scoprii che con due cesarei alle spalle, diverse gravidanze E la placenta previa, avevo un rischio del 47%. La placenta accreta è una condizione in cui la placenta aderisce profondamente ai muscoli dell'utero. Richiede quasi sempre un'isterectomia. Mi sentivo sopraffatta.
Fin dall'inizio, non potei fare a meno di fare paragoni con Benedict. Con Benedict, durante il parto e nella sua breve vita, era andato tutto perfettamente, quindi temevamo che questa volta fosse peggio. Questo bimbo sarebbe sicuramente vissuto meno, sarebbe stato più brutto, avrei avuto complicazioni... Nella mia testa distinguere i due bimbi era quasi impossibile, perché l'esperienza di Benedict ci aveva sconvolti nel profondo, ci aveva stravolto la vita - non è qualcosa che può accadere DUE VOLTE.
L'appuntamento successivo fu alle 18 settimane. Ero sicura che i medici si fossero parlati, ma mentre aspettavo 45 minuti circondata da da donne incinte sprizzanti gioia da tutti i pori, capii che non era così. Non mi avrebbero lasciata lì, altrimenti. Quando capii che forse avrei dovuto dare io la notizia, andai in ansia. Finalmente un'ostetrica chiamò il mio nome e, entrati nell'ambulatorio, mi chiese "Come stai?", con quel tono di circostanza di chi si aspetta di sentirsi rispondere "Benone!". Risposi "Così così", senza sbilanciarmi, pensando, "Ora aprirà la mia cartella e ci arriverà da sola".
L'appuntamento andava avanti e io ormai avevo capito che i risultati dell'ultima ecografia non erano stati inseriti nella cartella. L'ostetrica disse, "Hai già fatto un'ecografia?" e io colsi l'occasione per rispondere, "Si, a 12 settimane, e il bimbo è affetto da anencefalia". Lei mi guardò per un momento e disse, "Ma come, hai già perso un altro bimbo per anencefalia! Oh, è veramente troppo dolore da sopportare!". Fu dolcissima e cercò di consolarmi visto che, a quel punto, avevo perso totalmente il controllo.
Le chiesi se Maggie avrebbe potuto assistermi anche con questa gravidanza, dopo essermi stata vicina con Benedict. Mi rispose che Maggie aveva cambiato reparto, ma avrebbe fatto il possibile per venirmi incontro. Mi sentii quasi in colpa, si era ritrovata in una posizione delicatissima senza alcun preavviso. Viste le circostanze, aveva reagito in maniera esemplare.
Due settimane dopo mi chiamò al telefono per dirmi che aveva parlato con Maggie. Aveva accettato di prendermi in carico, nonostante il cambio di ruolo! Sentii che un grosso peso mi si levava dallo stomaco. Fu un enorme sollievo, sentivo che finalmente qualcosa stava girando per il verso giusto. Lei sapeva cosa fare, ci conosceva, lo aveva già fatto... Sarebbe andato tutto bene!
Quella stessa settimana feci la seconda ecografia e fui insieme felice e triste di scoprire che aspettavamo una bimba. Speravamo in una femminuccia, per dare una sorellina alla nostra primogenita. Dopo tre maschi di fila, avevamo iniziato a pensare che Cecilia sarebbe rimasta l'unica femmina... Fu difficile scoprire di aspettare una bimba, che però non sarebbe rimasta con noi. Ma ora, almeno, avevamo un NOME, e che bel nome, Charlotte Mary!
La mia placenta previa fu classificata come di terzo grado, cioè copriva
parzialmente l'apertura della cervice.
Avendole dato un nome, Charlotte finalmente assumeva la sua propria identità,
separata dal fratello. Aveva un carattere diverso da Benedict. Era molto attiva nella
pancia, mentre Benedict era tranquillo. Charlotte non era infastidita dal doppler che
le controllava il battito, mentre Benedict lo odiava. Erano due bimbi speciali, molto
diversi tra loro.
Come si fa a farlo per due volte? Durante la gravidanza di Benedict avevamo fatto di tutto,
dovevamo ripeterci? Due ciondoli Mizpah? Di nuovo il biglietto in cui chiedevamo di pregare per
noi? Al funerale era meglio scegliere le stesse letture e gli stessi canti, o dovevamo cambiare?
Non volevamo mancare di rispetto a Charlotte.
Ci mettemmo due settimane a fare chiarezza e definire un piano per il viaggio di Charlotte.
Alcune cose rimasero uguali, come il libretto del funerale, di cui cambiammo solo qualche
dettaglio e la lettura del Vangelo. Altre cose le modificammo. Invece di spedire in giro
centinaia di biglietti, pubblicammo la nostra richiesta di preghiere su alcune newsletter e
alcune riviste cattoliche. Fummo così in grado di raggiungere gran parte dei nostri
conoscenti, e moltissimi estranei. Distribuimmo biglietti a mano alle persone con cui
eravamo spesso in contatto, per aiutarli a capire meglio cosa stavamo passando.
Già da tempo avevo desiderato scrivere delle mie emozioni e delle ragioni che
mi avevano spinta a proseguire la gravidanza, e il desiderio crebbe dopo la diagnosi
di Charlotte. Avevo visto mia sorella proseguire con la gravidanza, e poi io stessa
avevo fatto la stessa scelta, quindi avevo avuto un'esperienza duplice. Sapevo forse
meglio di chiunque altro quanto sia difficile comprendere, se non sei genitore,
perché ero stata sia zia sia mamma di un bimbo affetto da anencefalia.
Quindi scrissi un articolo ("Perché portare in grembo
un bimbo morente? La prospettiva di una madre") in cui spiegavo la mia opinione,
i miei sentimenti e le idee che mi frullavano in testa sin dalla diagnosi di Benedict.
Lo mandai a Maggie, ad alcune persone che mi avevano scritto, ad amici e familiari, e
da lì si diffuse. Poco dopo fui contattata dall'editore del sito Catholic Exchange,
che voleva pubblicare il pezzo! Non so che tipo di bacino di lettura avesse, ma il sito di
Benedict registrò più visualizzazioni nel giorno della pubblicazione, di
quante ne faceva normalmente in un mese! Fummo inondati da email che offrivano preghiere
e supporto.
Poi, qualcuno mandò il pezzo a un subeditore dell'Herald Sun, quotidiano
australiano, e ci chiesero se potevano scrivere un articolo su Charlotte. Vennero a
casa cinque giorni prima del cesareo, per intervistarci e scattare delle foto.
L'articolo venne pubblicato il giorno prima della nascita di Charlotte. Era di due
pagine, con un sacco di foto! Ancora una volta, la reazione fu grande - questa volta,
tante lettere e biglietti via posta. Ci sorprese scoprire che l'articolo era apparso
sulle edizioni di tutte le capitali australiane. Continuammo a ricevere due o tre
lettere al giorno ogni giorno, spesso da estranei, fino a circa 6 settimane dopo
la nascita di Charlotte. Il giornale pubblicò un seguito la domenica successiva
(cioè il giorno dopo la morte di Charlotte), questa volta con una foto di me e
Mark che tenevamo Charlotte in braccio. La reazione della gente, così positiva,
ci scaldò il cuore.
Ci fu un'altra cosa che facemmo diversamente - questa volta, pregammo per un
miracolo. Con Benedict la nostra unica preghiera era "Sia fatta la Tua volontà".
Sapevo dentro di me che non sarebbe guarito, ci avevo fatto pace. Ma quando ricevemmo
la diagnosi di Charlotte, il nostro primo pensiero fu, "Bene, questa volta DOBBIAMO
pregare per un miracolo, perché non potrei sopportare di perdere un altro bimbo!"
Quindi pregammo perché Madre Teresa intercedesse per noi e che Dio curasse la
nostra bimba. Migliaia di persone pregarono con noi.
Chiedere una cura miracolosa non significa aspettarsela, e sapevamo benissimo che
con ogni probabilità la risposta sarebbe stata "No". Se i miracoli accadessero
spesso, non sarebbero così miracolosi. Non fummo sorpresi, Nè delusi,
quando alla nascita scoprimmo che era malata. Ma sapevamo che Dio avrebbe potuto
curarla e questo ci dava speranza. Le preghiere ricevono sempre risposta, ma non
sempre la risposta è quella che vogliamo. Le preghiere che gli altri facevano
per noi ci portarono pace, a volte in maniera sottile, altre volte in modo così
intenso da sembrare palpabile. Un ricordo particolarmente vivido, sia per me sia per
Mark, è subito prima che Charlotte nascesse - il cesareo era stato ritardato di
un'ora e stavamo chiacchierando con Maggie e Padre Anthony. Poi Padre Anthony
pregò per noi, e mentre ci benediceva sentimmo un senso di pace e di calma
intensissimo, che rimase con noi per tutto il giorno. Nessuno di noi aveva mai
provato nulla di simile rima di allora.
Ovviamente non mi sentii in pace per tutta la gravidanza. Molti dei miei pensieri erano scuri, fuori controllo. Mi sentivo persa in un mare in tempesta. Mentre aspettavo Benedict non mi ero mai chiesta "Perché?". Dato che a mia sorella era successa la stessa cosa, aveva più senso chiedersi, "Perché no?". Ma due volte! Il mio cuore gridava, "Perché, perché, perché?". Perché doveva essere una malattia fatale? Cosa avrei dovuto imparare questa volta? Non lo avevo già imparato da Benedict? E la domanda più spaventosa di tutte: poteva succedere una terza volta? Alla fine capii che non avrei trovato risposta a questo tipo di domande, non qui. Dovevo semplicemente affrontare quello che mi stava capitando, al meglio delle mie capacità, e "...Non ti appoggiare sul tuo discernimento".
Dato che avevo già avuto la placenta previa, vivevo in un costante stato di "Quando inizierò a perdere sangue?". Mi chiedevo se sarei andata in emorragia, se avrei avuto bisogno di un cesareo di urgenza, ecc ecc. E invece passarono le 31 settimane prima di avere una perdita, e di piccola entità. Andai in ospedale ma rimasi solo una notte. L'ecografia mostrò un piccolo sanguinamento dietro la placenta, e una placenta previa di terzo grado. Le settimane successive tornai in ospedale due volte, e il terzo sanguinamento fu più abbondante e duraturo, quasi 24 ore. Ero sicura che l'episodio successivo sarebbe stato quello definitivo... Ma non arrivò mai! A 36 settimane feci l'ultima ecografia e, sorpresa, la mia placenta ERA RISALITA! In 5 settimane era passata da previa di terzo grado (copertura parziale della cervice) a così alta da non essere classificabile neanche come bassa. Proprio non me lo aspettavo.
Le probabilità di avere bisogno di un'isterectomia erano calate e la mia paura del cesareo si riduceva. Avevo paura che qualcosa andasse male, che avrei avuto bisogno di anestesia generale e che quindi mi sarei persa del tempo prezioso con Charlotte.
Sono contenta di dire che il cesareo andò benissimo! L'anestesia spinale fu velocissima e anche se mi rendeva molto nervosa reagii con calma e serenità... Quando mi dissero di aver finito, non ci credevo! Furono in grado di effettuare un'incisione bassa (dopo due cesarei classici), non mi servì nessuna trasfusione e il medico confermò che il mio utero poteva sopportare un'altra gravidanza!!!
Ci volle del tempo perché Charlotte nascesse, perché durante l'ultima settimana si era girata in posizione podalica. Il tempo mi sembrava non passare mai e avevo paura che fosse già morta e che i medici non sapessero come dircelo. Ma alla fine sentimmo un pianto flebile, ed eccola là! Grassottella, adorabile, tutta sporca, UGUALE A BENEDICT! Il premio cappellino che indossò era una cuffietta bianca. La avevo scelta bianca in caso il medico avesse sbagliato a individuare il sesso. Ma era così simile a Benedict che nella mia mente non riuscivo più a distinguerli. Ritornava lo stesso sentimento che provavo subito dopo la diagnosi. Non riuscivo a distinguerli. Dopo aver scoperto il sesso le cose erano migliorate, ma ora di nuovo si confondevano. Così, appena tornai in stanza cambiai cappellino e ne scelsi uno rosa, e riecco Charlotte.
Sollevarono Charlotte perché la vedessi meglio. Era violacea e immobile
e io ero preoccupatissima. Chiesi a Maggie se respirava e lei disse "adesso la
prendo e la strofino un po'..." Il giorno dopo mi disse che il battito era
crollato a picco e temeva che sarebbe morta sul colpo, quindi decise di
"darle una bella strofinata e farle un discorsetto". Mi immagino perfettamente
la scena, le avrà detto qualcosa come "Nono osare morire adesso eh,
la tua mamma e il tuo papà ti hanno aspettata così tanto!".
Quando me la riportò, il suo colorito era molto migliorato.
Non sospettavamo che avevamo rischiato di perderla!
Subito dopo la nascita, Padre Anthony la battezzò e cresimò. Fece tantissime foto digitali e anche qualche video. I video sono veramente preziosi. Non sapevamo stesse filmando, eravamo impegnati a conoscere Charlotte quindi il risultato è molto naturale, per nulla ingessato. Padre Anthony rimase con me mentre mi riprendevo dall'operazione e poi completò il rito del battesimo in camera. La sua presenza ci calmava e ci sollevava lo spirito, fummo molto grati del suo supporto.
Charlotte conobbe i suoi fratelli - il bimbo di 4 anni era rapito, "Ooooh, come è BELLA!", mentre la bimba di 6 anni ci mise un po' ad ambientarsi, ma fece in tempo ad innamorarsi della sorellina prima di doverla salutare. Elijah aveva solo 17 mesi e neanche si accorse che c'era una neonata nella stanza! Incontrò cugini, zie, zii, nonni, amici - il primo giorno fu impegnativo! Charlotte era silenziosa e si muoveva poco. Eravamo sicuri che sarebbe vissuta meno di Benedict. Ci eravamo già passati e sapevamo cosa aspettarci. Non volevamo che i visitatori vedessero Charlotte in preda alle convulsioni. Questo ci creava tensione, quindi quando arrivò sera fummo sollevati di averla solo per noi.
Nei sei giorni successivi ci furono tanti "falsi allarmi". La prima volta alle 11
la prima sera - eravamo sicuri che non sarebbe sopravvissuta al giorno dopo. Ci
sbagliavamo di grosso! Dissi alle infermiere di tre turni diversi "Ormai siamo
agli sgoccioli...".
E' strano, ma ogni volta che mi sembrava stesse morendo, apprezzavo di più
il tempo che avevo passato con lei. Se fosse morta il primo giorno, per me sarebbe
stato bellissimo comunque, ero grata del tempo con lei - lungo o breve che fosse.
Era bellissima, rosata, la cosa più dolce che avessi mai visto. Era tranquilla
e serena, sembrava più piccola e fragile di Benedict. E invece pesava 2900
grammi, ben più di Benedict!
La seconda sera realizzammo che in pratica avevamo passato la giornata aspettando che Charlotte morisse. Decidemmo che così non andava bene e ci sforzammo di goderci la sua vita, invece di aspettare la sua morte. Avevamo un bisogno disperato di dormire, così mia mamma e mia sorella vegliarono su Charlotte per 6 ore quella notte, e Mark e io riposammo un po'. Era stata una scelta difficile. Volevamo esserci solo noi, quando sarebbe morta. Però avevamo bisogno di dormire, così lasciammo detto di svegliarci subito in caso fosse successo qualcosa. Fu un sollievo sapere di poterci addormentare sereni.
Maggie tornò il secondo e terzo giorno e passò alcune ore con Charlotte. Fu molto bello da parte sua. Riuscì a legare con Charlotte, conoscendola come persona, non solo come idea. Regalò a Charlotte un orsetto carinissimo, delle dimensioni perfette per lei. Lei lo abbracciò e in pratica lo tenne stretto per il resto della sua vita. Era adorabile.
Charlotte reagiva agli stimoli molto più di Benedict. Forse il suo cervello aveva qualche capacità cognitiva? Anche se non lo sapremo mai, di sicuro mostrava un qualche grado di consapevolezza. Charlotte reagiva al flash della macchina fotografica, seguiva la luce con gli occhi, si spaventava dei rumori forti, soffriva il solletico, sentiva dolore quando le veniva cambiato il bendaggio alla testolina e con la fasciatura pulita era più serena e tranquilla. E poi, aveva FAME! Ci misi un po' a capirlo, non avevo neanche contemplato la possibilità di nutrirla! Diverse volte si lamentò e si mostrò agitata e noi non capivamo. Poi iniziò a schioccare le labbra, succhiare la lingua e allora pensai, "Magari potrei provare?" E quando provai, Charlotte aprì la bocca nella forma giusta e succhiò e leccò il latte che le spremevo. Non si attaccò mai al seno, ma era bellissimo vederla che si nutriva e si godeva un po' di latte vero. Dato che Elijah non era ancora svezzato, di latte ne avevo in abbondanza. Sono così felice di aver aspettato con lo svezzamento! Quando la nutrivo, lei succhiava anche per un'ora intera, poi era felice e soddisfatta. Era la mia quinta figlia, come mai ci avevo messo così tanto a capire che aveva fame??? Se un bimbo sano piange, gli dai da mangiare. La mia bimba malata piangeva e io pensavo "Che carina!". Sono felice di avere dei video di lei che mangia. Sono davvero preziosi!
Dato che era vissuta così a lungo, potemmo vedere dei cambiamenti sul volto di Charlotte, come succede con tutti i neonati. Il nasino alla nascita sembrava schiacciato, ma nelle 24 ore successive si raddrizzò e assunse la forma del naso di tutti i nostri bimbi - il naso di Mark!!! Era nata con il mento appiattito, ma dopo qualche giorno si fece bello deciso - come nella mia famiglia. Tirava fuori il mento e le labbra in modo adorabile! Le facemmo un sacco di foto. Il terzo giorno sviluppò un po' di ittero ma aveva delle belle guanciotte rosa. Le orecchie erano perfette, mentre quelle di Benedict erano piatte in cima. Charlotte aveva tanti capelli neri sulla nuca, mentre Benedict era castano. Ma la differenza principale era che Charlotte era in grado di succhiare!
Ogni giorno c'erano momenti in cui pensavamo, "Ecco, ci siamo..." Dalla seconda mattina in poi, offrimmo ossigeno a Charlotte. Non serviva a tenerla in vita, ma credo che la facesse stare meglio e la aiutasse nel recupero dopo una convulsione. Arrivammo al giorno 4 (giovedì) e iniziarono a parlare della possibilità di mandarci a casa. Wow! Non ci speravamo nemmeno! Cercammo di procurarci un seggiolino auto, un supporto infermieristico a casa, ecc. Quando arrivò il momento delle dimissioni, avevamo paura ad abbandonare l'ossigeno - "E se muore in macchina, senza averlo a disposizione???" Così chiedemmo alle infermiere se avevano una bombola portatile che potessimo noleggiare, visto che per casa ci eravamo già attrezzati. L'infermiera tornò e ci disse che potevamo avere un passaggio in ambulanza! E così venerdì pomeriggio Charlotte e io tornammo a casa, il primo viaggio in ambulanza per entrambe! Avevo molta paura che morisse durante il tragitto, ma sopravvisse e passammo una meravigliosa notte a casa con lei.
Quando morì il sabato, a casa, fu con entrambi noi che la abbracciavamo, lasciandola andare con amore. Dopo 6 giorni meravigliosi e pieni, circondata da amore e preghiere di genitori, famiglia, amici e estranei in giro per il mondo, lasciò le nostre braccia e volò in paradiso. Lasciò in noi un segno indelebile.
Circa mezzo'ora dopo la morte di Charlotte, l'ostetrica che mi seguiva a casa arrivò. Era lì per controllare i punti, ma fummo felici di avere il suo supporto in quel momento. Auscultò il cuore di Charlotte e confermò che si era fermato. Alla fine se ne era andata così serenamente, che ci fu difficile capire il momento esatto. L'ostetrica rimase con noi mentre Mark chiamava il medico per comunicargli il decesso. Fu dolce e gentile e sono sicura che Dio l'abbia mandata da noi in quel momento. Ci disse che quando un neonato muore in ospedale, i genitori possono tenerlo in stanza per 2 o 3 giorni. Quindi se avessimo voluto organizzare il funerale martedì, avremmo potuto tenerla a casa nel mentre. Mark telefonò alle pompe funebri, che diedero il loro OK. Quindi Charlotte rimase con noi finché le pompe funebri vennero a prenderla (nella sua piccola bara) il martedì mattina, per portarla in chiesa.
Quando l'ostetrica andò via, Mark disse "E' il 26: l'anniversario di Benedict". Non ci avevo neanche pensato. Il giorno prima mi ero ricordata del suo compleanno, e speravo che Charlotte non sarebbe morta proprio quel giorno, ma all'anniversario non avevo pensato. O era la più grande coincidenza della storia, oppure c'era un significato!! Quindi i bimbi condividono lo stesso "Giorno del Paradiso".
Potemmo quindi passare tanto tempo con Charlotte dopo la sua morte. La tenemmo in braccio. Dormimmo con lei in mezzo al lettone. La domenica io, Cecilia e Sebastian le facemmo un bagnetto mentre Mark riprendeva. I bambini si divertirono a lavarle i piedini e le manine. Poi dopo l'asciugatura vollero cospargerla di talco e massaggiarle il pancino. Cecilia le mise un nuovo pannolino e mi aiutò a vestirla con una tutina bianca ricamata. Alcuni familiari e amici ci vennero a trovare. Era bello poterla prendere in braccio e coccolarla senza il timore di farle male. Avendo passato così tanto tempo con lei dopo la morte, lasciarla andare fu più facile. Cecilia e io la vestimmo e la avvolgemmo in una coperta che avevo cucito per l'occasione. La abbracciammo un'ultima volta e i bambini la coprirono di baci. Anche questa volta la bara l'aveva costruita mio padre. Era simile a quella di Benedict, ma più decorata - era più carina, come si addiceva a una bimba. La adagiai nella bara e, quando fu il momento, chiusi il coperchio.
Il funerale fu una meravigliosa celebrazione della sua vita. Era molto simile a quello di Benedict, gli stessi inni, quasi le stesse letture. Quasi tutti i cugini parteciparono all'offertorio portando doni e simboli della vita di Charlotte (il cero battesimale, una foto, un orsetto, diversi doni che aveva ricevuto, fiori). Fu un rito molto dolce. Padre Anthony fu fantastico, finì l'omelia ringraziando Charlotte per il privilegio di averla potuta tenere in braccio.
Il direttore delle pompe funebri (un signore anziano dolcissimo) ci disse che non si sentiva benissimo quel giorno. Pensavamo a qualche acciacco, ma ci spiegò, "Non ho figli, né nipoti, ma adoro i bambini, e queste cose mi toccano nel profondo...". Deve essere un lavoro davvero difficile il suo.
Al cimitero cantammo il Salve Regina, come avevamo fatto in ospedale dopo il battesimo. Ognuno di noi gettò un iris sulla bara e poi furono distribuiti 55 palloncini lilla, rosa e bianchi che rilasciammo insieme (a parte alcuni, che i bimbi volevano portarsi a casa!!!). Fu un modo positivo e felice di concludere la cerimonia! Volevamo un finale allegro, perché per noi la vita di Charlotte era stata un trionfo - non una tragedia.
Ora i nostri bimbi riposano fianco a fianco. Charlotte, Benedict e il cuginetto Thomas Walter sono tutti vicini. Gli ultimi due bambini sepolti nel cimitero sono entrambi nostri. E' triste, non posso negarlo, ma nel dolore abbiamo vissuto talmente tanti momenti di felicità e di benedizione, che non posso definirla una tragedia. Sono triste che ci abbiano lasciati, ma sono felicissima che siano stati con noi. Di sicuro abbiamo provato una serenità fuori dalla nostra comprensione. Averli conosciuti e averli amati è un dono prezioso, che porteremo per sempre nel cuore.
Teresa Streckfuss
Ultimo aggiornamento di questa pagina : 23.06.2023